Nuova metodica per identificare le interazioni tra scompenso cardiaco e insufficienza renale: importante ricerca della UOS Malattie Cardiovascolari pubblicata sull’International Journal of Cardiology

Data:
17 Gennaio 2019

Nuova metodica per identificare le interazioni tra scompenso cardiaco e insufficienza renale: importante ricerca della UOS Malattie Cardiovascolari pubblicata sull’International Journal of Cardiology

Lo scompenso cardiaco acuto e l’insufficienza renale: due patologie spesso associate visto che i due organi, il cuore e i reni, interagiscono sui meccanismi di regolazione vaso-motori e sulla omeostasi idrica e dei sali minerali del corpo umano che sono entrambi alterati nello scompenso cardiaco. È questo l’oggetto dello studio multicentrico internazionale condotto dal professor Alberto Palazzuoli, responsabile della UOS Malattie Cardiovascolari afferente alla Medicina Interna 1, diretta dal professor Ranuccio Nuti, dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese, in collaborazione con la UOC Cardiologia ed il supporto delle Università di Yale e Glasgow. Lo studio è stato pubblicato sull’International Journal of Cardiology. «Lo scompenso cardiaco acuto rappresenta la prima causa di ospedalizzazione nei Paesi occidentali e circa un terzo dei pazienti ricoverati va spesso incontro ad una nuova riacutizzazione entro i primi sei mesi dalla dimissione – spiega il professor Albero Palazzuoli (in foto sotto) – Lo studio ha dimostrato che, nelle fasi acute della malattia circa il 40% dei pazienti sviluppa un peggioramento della funzionalità renale. Tuttavia solo alcune tipologie di insufficienza renale sono più strettamente correlate ad una prognosi peggiore. In particolare, abbiamo analizzato i valori di alcuni parametri di laboratorio in quei pazienti che presentavano insufficienze cardiaca e renale associate: ne è emerso che bio-marcatori, non strettamente legati alla funzione renale e facilmente misurabili con i comuni esami del sangue, esprimevano un adattamento sfavorevole agli stimoli neuro-endocrini associata ad un’elevata ritenzione di acqua e sali minerali. L’attivazione di questi meccanismi comporta una maggior compromissione del quadro cardiocircolatorio e un aumento del lavoro cardiaco. In estrema sintesi – conclude Palazzuoli – lo studio dimostra come la scoperta di uno specifico pattern di insufficienza renale durante la fase precoce di riacutizzazione dello scompenso identifica i pazienti con un rischio aumentato ed una prognosi sfavorevole. Un approccio terapeutico più mirato, orientato al riconoscimento e al trattamento precoce della ipertensione venosa centrale e polmonare e alla salvaguardia della funzione renale attraverso specifiche terapie, quali ultrafiltrazione e impianto di device di supporto per la circolazione, potrà migliorare il decorso clinico di questi pazienti».

palazzuoli

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Ultimo aggiornamento

17 Gennaio 2019, 10:22