Presentati a San Diego, al convegno internazionale AACR, i risultati di uno studio pre-clinico sul potenziale dell’immunoterapia associata a farmaci epigenetici nel trattamento del glioblastoma multiforme

Data:
24 Aprile 2024

Presentati a San Diego, al convegno internazionale AACR, i risultati di uno studio pre-clinico sul potenziale dell’immunoterapia associata a farmaci epigenetici nel trattamento del glioblastoma multiforme
Studio condotto dalla Fondazione NIBIT con il Centro di Immunoncologia dell’Aou Senese, e con il contributo di Fondazione AIRC. Risultati pubblicati dalla rivista Journal of Translational Medicine

Uno studio realizzato da Fondazione NIBIT, con il Centro di Immuno-Oncologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese, diretto dal professor Michele Maio, ordinario di Oncologia dell’Università di Siena e presidente Fondazione NIBIT, ha dimostrato che l’utilizzo di un farmaco epigenetico, la guadecitabina, è in grado di “riprogrammare” le cellule di glioblastoma, grave tumore cerebrale difficile da trattare, facendo assumere loro caratteristiche biologiche simili a quelle di metastasi cerebrali del melanoma, che possono essere trattate efficacemente proprio grazie all’immunoterapia. La dimostrazione della validità di questo approccio è stata presentata a San Diego al recente congresso dell’American Association for Cancer Research (AACR), ed i risultati sono stati contestualmente pubblicati dalla rivista Journal of Translational Medicine (DOI: 10.1186/s12967-024-05040-x).
«La guadecitabina – spiega il professor Maio – è in grado di cambiare le caratteristiche biologiche del glioblastoma, così le cellule tumorali diventano riconoscibili dal sistema immunitario e possono essere eliminate. Questo nuovo studio è stato realizzato anche grazie al contributo del consorzio nazionale EPICA (EPigenetic Immune-oncology Consortium AIRC), costituito nell’ambito del programma speciale AIRC “5 per mille” e coordinato dal Centro di Siena». Anna Maria Di Giacomo, professore associato di Oncologia dell’Università di Siena, responsabile del programma di sperimentazioni cliniche di fase I/II del CIO dell’Aou Senese aggiunge che «grazie a precedenti sperimentazioni, con gli studi NIBIT-M1 e NIBIT-M2, abbiamo dimostrato l’importante efficacia dell’immunoterapia di combinazione nel migliorare significativamente la sopravvivenza dei pazienti affetti da melanoma con metastasi cerebrali silenti e non, precedentemente trattate. Le metastasi cerebrali di melanoma risultano quindi sensibili all’immunoterapia e, quindi, ci siamo concentrati su come ottenere in clinica gli stessi risultati nel glioblastoma, un tumore da sempre resistente all’immunoterapia e che si sviluppa all’interno dell’encefalo».
Partendo da alcuni studi già in fase avanzata su come aumentare l’efficacia dell’immunoterapia -un esempio è il trial clinico NIBIT-M4 di fase Ib pubblicato lo scorso settembre su Nature Communications- il gruppo di ricerca del professor Maio ha testato in laboratorio l’effetto del farmaco epigenetico guadecitabina con l’obiettivo di modificare le caratteristiche immuno-biologiche delle cellule tumorali di glioblastoma, rendendole maggiormente “visibili” al sistema immunitario.
«Nello studio presentato ad AACR – spiegano le dottoresse Maria Fortunata Lofiego ed Alessia Covre, ricercatrici dell’Università di Siena e coordinatrici della ricerca – abbiamo analizzato in laboratorio le caratteristiche molecolari e di espressione genica del glioblastoma multiforme prima e dopo il trattamento con guadecitabina. L’utilizzo del farmaco ha portato ad una riduzione della metilazione delle cellule tumorali e ad un aumento dell’espressione dei geni associati all’attivazione delle cellule immunitarie T e B. Ciò significa che il trattamento ha reso le cellule di glioblastoma suscettibili all’azione del sistema immunitario. In altre parole, è come se avessimo “trasformato” le cellule di glioblastoma rendendole biologicamente più simili alle metastasi cerebrali di melanoma in cui l’immunoterapia è efficace».
Il risultato, ottenuto in pre-clinica, ma con cellule tumorali derivate da pazienti affetti da glioblastoma o da metastasi cerebrali di melanoma, mostra chiaramente l’utilità del rimodellamento epigenetico quale promettente approccio per potenziare in clinica l’immunogenicità delle cellule di glioblastoma, migliorando così la risposta ai trattamenti immunoterapici.
«Dimostrato il razionale scientifico di questo approccio – conclude il professor Maio – la nostra idea per il futuro è ora quella di “disegnare” uno studio coinvolgendo i pazienti con glioblastoma, per il quale abbiamo in attivazione presso il nostro Centro di Siena ulteriori studi clinici di immunoterapia».

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Ultimo aggiornamento

24 Aprile 2024, 14:26